Il Cigno Nero

Tra i candidati agli Oscar ne ho visti parecchi e personalmente facevo il tifo per Il discorso del re, infatti stamattina quando ho letto delle premiazioni sono stata contenta. Il discorso del re è un film ben fatto e ben recitato… ma è un film “classico”. Più originale, sotto tanti punti di vista, invece ho trovato Il Cigno Nero, l'ho visto ieri sera ed è uno di quei film che lascia senza fiato… e non ricordo l'ultima volta che mi è capitato di rimanere incollata alla poltrona con lo sguardo inebetito sui titoli di coda.
La storia è, tutto sommato, semplice: Nina (Natalie Portman, che con questa interpretazione si è aggiudicata un meritatissimo Oscar), una ragazza che lavora come ballerina in un'importante teatro, ha sacrificato tutto per la danza (spronata anche da sua madre, ex-ballerina fallita che ha riversato su di lei tutte le proprie ambizioni), fuori da quel teatro non ha un mondo, non ha una vita, non ha nessuno. I suoi sacrifici sembrano ripagati quando il direttore della compagnia (Vicent Cassell, con il cipiglio da stronzo al punto giusto) finalmente la sceglie come etoile per la messa in scena del Lago dei Cigni… ma c'è un problema, la candida, innocente e ingenua Nina è perfetta per il ruolo del Cigno Bianco, ma quando deve interpretare la sua gemella, il Cigno Nero, malvagio e seduttore, non riesce a immedesimarsi, così il direttore della compagnia la esorta in ogni modo a tirare fuori il suo “lato oscuro”. Ma Nina è ossessionata dalla perfezione, per cui il percorso che porterà fuori questo lato oscuro sfocerà in una follia che in un primo momento sembra liberatoria (lo spettatore ne è quasi contento), ma che alla fine si rivelerà autodistruttiva.
D'accordo, è uno di quei film dove già dalla prime scene capisci che non può che finir male quindi non ci sono veri e propri colpi di scena, la storia scorre e basta, a volte anche un po' a rilento, ma è una lentezza che alla fine risulta necessaria per lo spettatore che deve entrare dentro quel mondo e dentro la testa di Nina. D'accordo, nei primi minuti, una volta afferrato il personaggio della protagonista, mi sono detta che forse ci voleva un'attrice più giovane… ma poi me lo sono dimenticata strada facendo perché la Portman è stata veramente magnifica.
Il tema del lato oscuro che non possiamo controllare, dello sdoppiamento, della tragedia in cui è sempre destinata a finire un'ossessione, nel cinema (e naturalmente, ancora prima nella letteratura) è vecchio come il mondo, ma questo film lo rende in modo geniale… già solo è geniale l'idea di partire dai due cigni che nel balletto di Cajakovskij sono interpretati dalla stessa persona l'ho trovata molto bella ed originale, se poi si aggiunge quel mischiare di gesti consueti a cui i ballerini sono abituati per natura (la preparazione delle scarpette, il vestiario e quant'altro…) insieme alle brutture e ai veleni di quello che è il mondo dello spettacolo, se poi si aggiunge la maestria con cui il regista Darren Aronofsky (quello di The Wrestler che io non ho ancora avuto il coraggio di vedere e quello di The Fauntain che mi fece venire male al cervello) è riuscito a rendere la caduta di Nina verso la follia, si rimane davvero sorpresi. Anche perché si capisce dai primi cinque minuti che in Nina ci sono parecchie cose che non vanno… non è la brava ragazza che viene guastata e travolta dalla storia, è più che altro una bomba ad orologeria che ticchettava già da un pezzo, e quando esplode riesce a far esplodere anche lo spettatore.
Leggo su Ciak che la critica è stata parecchio divisa su questo film… e forse è il motivo per cui alla fine agli Oscar ha trionfato Il discorso del Re, che invece ha raccolto consensi unanimi ovunque. In effetti mi rendo conto che Il Cigno Nero non è un film che può piacere a tutti e che non tutti potrebbero trovare originale: questione di gusti e magari di punti di vista, da parte mia è consigliatissimo all'ennesima potenza! 

Overdose di inchiostro in La maggiore

Per i posteri:
– (dal nulla più totale) Sono color salmone! Non me lo ricordavo…
-Cosa, Lu?
-Le pareti dell'appartamento di Alex
– (0_0) Non c'è scritto da nessuna parte…
– Che c'entra? Sono color salmone, te lo dico io!

 
Mentre aspetto che mi torni familiare la geografia di una cittadina delle Highlands nella quale non mi so più orientare, scrivo di altri luoghi la cui geografia non ha avuto la gestazione che ha avuto la suddetta cittadina (con relativi appartamenti e tutto il resto), anzi, diciamo che i luoghi e le “cose” di cui sto scribacchiando ultimamente di periodi di gestazione non ne hanno avuti affatto.
Non che io abbia molto tempo da perdere in questo periodo, però mi sto riappropriando del piacere delle cose superflue… delle cose che sembrano superflue a chi non ci ha mai avuto a che fare, almeno. Una fra tutte: scrivere a mano andando alla cieca.
Praticamente sto regredendo all'infanzia, a quando scrivevo racconti sconclusionati sui quaderni di scuola.
Un anno di lavoro sulla Creatura mi ha dato una chiara idea di cosa c'è nello scrivere oltre allo scrivere. È impegnativo, affascinate, a volte frustrante e persino noioso (o traumatico… quando realizzi che quella scena che ti piace tanto va cestinata, quando quella battuta in quel dialogo non ci sta… e così via), ma non si potrebbe parlare di passioni e aspirazioni se non ci fosse l'impegno di fare tutto quello che c'è da fare e la voglia di tentare di farlo al meglio.
Ora, onestamente, la voglia di farmi carico di quella totalità di cose da fare non c'è, e senza la giusta dose di buona volontà non mi sembra il caso di tornare con le mani in pasta, per cui credo che il terzo racconto dovrà aspettare ancora un po', e farlo aspettare non mi dispiace.
Racconti sconclusionati scritti con biro smozzicate su quaderni stropicciati, dicevamo. Sì, è quello che sto facendo in questo periodo, ed è divertente questo scrivere riportando semplicemente quello che ti passa per la testa, senza far caso al risultato finale, a quanto i personaggi siano “pesanti”, a quanto lo stile sia poco omogeneo, a quanto manchi di coerenza… è il mio modo di rilassarmi, non posso farci niente.
Piccolo excursus sui nuovi giocattolini: uno è il mondo che sta attorno al post di qualche giorno fa, Ettore&Co. per capirci, che potrebbe anche diventare una cosa decente lavorandoci come si deve (e chissà che un giorno, tra due o tre ere geologiche, non lo farò). Un altro è proprio usura di carta e inchiostro fine a se stesso che non potrebbe diventare decente nemmeno se ci lavorasse un Nobel per la letteratura… a volte mi capita di avere in mente delle storie molto “vaghe” e di raccontarle attraverso spezzoni sparsi senza un ordine cronologico, robe che a leggerle non mi ci raccapezzo neanche io, ed è quello che sto facendo con una delle storie che avevo in mente in questo periodo.
Rispettivi titoli: Verlona e E fuori è buio (dalla regia mi dicono che è il titolo di una canzone di Tiziano Ferro… giuro che la citazione non era voluta). Rispettivamente una sorta di fantasy e una sorta di romanzo harmony (che poi tanto storia d'amore non è…).  
Insomma, me la sto spassando.

Di venti di cambiamento e di felicità…

Ogni tanto capita di ritrovarsi a fare un inventario della propria vita. Io sono lunatica di natura e l'ottimismo è una cosa che, nei miei pensieri, va e viene a seconda delle giornate.
Ma oggi qualcosa è cambiato. Oggi non mi sento né ottimista, né armata fino ai denti per combattere le preoccupazioni, né insoddisfatta. Semplicemente mi sento serena, di una serenità profonda e beata di chi ha fatto quella che le sembra un'enorme scoperta, anche se, come tutte le scoperte “esistenziali” forse non è altro che il taglio di uno scalino nel “processo di maturazione e crescita individuale” (mamma mia, che espressioni da manuale di pedagogia), una cosa che è sempre stata lì e che non aspettava altro che io ci inciampassi sopra.
Io sono incline al rancore e all'aspettare, anche per molto tempo se necessario, le occasioni di togliermi le pietruzze dalle scarpe. Ho il mio “libro nero” e l'inchiostro con cui sono segnati nomi, situazioni ed episodi, è di quello che non sbiadisce, ma ora ho capito una cosa…
Sembrerà un discorso “buonista” da parte di una che buona non lo è. Sembrerà retorico, o forse terribilmente ingenuo, ma è difficile da spiegare a parole e chiedo scusa se sembrerà un po' il sermone di un predicatore… è che a volte certe cose le senti così forte che hai bisogno di provare almeno a spiegare, a parlarne.
C'è una sola arma che funziona davvero e che ha senso usare. Una cosa che non ha nulla a che fare con le “ripicche” o le “vendette”. Una cosa che più di ogni altra da soddisfazione: la felicità.
Essere felici, riuscire a star bene è l'unica moneta con cui valga la pena ripagare un torto. Non parlo di “il miglior disprezzo è la noncuranza”, non parlo nemmeno di “porgi l'altra guancia” o di “fai buon viso a cattivo gioco”, e non si tratta nemmeno di perdono o redenzione (termini un po' troppo da cristiani, che usati da una come me suonerebbero incoerenti)… no, parlo di qualcosa che non ha niente a che vedere con il rapportarsi con chi ci ha fatto del male.
La felicità è una cosa che riguarda solo noi stessi. Che, quando c'è, è lì, a prescindere… e a prescindere ha degli effetti sugli altri. Chi ci vuole bene sarà felice per noi, in caso contrario starà male… perché ad essere felici si attira l'invidia, questo è un dato di fatto, ma è comunque una reazione che gli altri scelgono, non è qualcosa che inneschiamo noi, come quando reagiamo facendo un dispetto o ripagando un torto con un altro torto. E naturalmente essere felici non significa non prendere atto dei problemi, non reagire agli imprevisti… è più che altro il poter fare affidamento su qualcosa che esiste al di là di quegli imprevisti (da non confondersi con la Fede, eh… quella è un'altra cosa ancora…).  
La felicità è una cosa difficile, e come tale, quando funziona, funziona davvero bene. Non è la freccia che fora un'armatura, la foglia di ortica che punge le dita… no, è un'esplosione, ed è invincibile: davanti alla felicità non si può fare nulla. Per questo dico che è l'unica arma, anche se arma non è il termine adatto. Le armi si usano, la felicità si indossa.
Ora voi vi chiederete se io sono felice in questo momento. Ebbene sì. Non è una felicità completa e perfetta (non credo nemmeno che esista la perfezione in un contesto come questo), ma una felicità che si regge da sola, sulle proprie gambe… è una felicità malgrado tutto, che va oltre, che guarda avanti. È una felicità che ha a che fare con l'amore di un'altra persona, certo, con una vita in costruzione che è piena di buoni propositi e speranze, ma anche con qualcosa di molto personale e profondamente mio. Che mi fa sentire meravigliosamente al sicuro.

Ettore

Lui è roba mia. Roba “mia e solo mia”, come ho scritto un paio di post fa, da scriverne fino a notte tarda e da rileggere tra qualche mese e riderne.
È un bell'ammasso di tristezza retorica e antipatia. Sarà che l'ho inventato in giorni un po' difficili…

Il vento era freddo e secco, di quello che punge sulle guance e asciuga gli occhi. Gli soffiava tra i capelli scompigliandoli, spazzava via i pensieri, gli svuotava la mente.
Il vento, il vento. Amava quel rumore, quel fischio acuto e forte che frustava i fianchi delle montagne e le mura del palazzo, come a chiamarlo fuori, a invitarlo a uscire per un po' dalla sua vita.
Da ragazzo andava a cavallo nelle mattine d'estate, quando lo scirocco faceva diventare corde d'arpa i rami degli alberi e faceva vibrare il bosco. Raggiungeva il lago, si toglieva i vestiti e si tuffava in acqua lasciando che ogni dispiacere venisse lavato via.
Quando si è giovani si tende a guardare avanti nei momenti brutti, a tenere gli occhi sull'orizzonte e credere che un giorno si raggiungerà quel punto lontano e sconosciuto, dove ogni cosa sarà diversa, dove ogni malinconia sarà distante. Poi il tempo trascorre e si comprende che l'orizzonte è solo una linea di luce e che nessuna strada porterà mai abbastanza lontano da se stessi.
Quella mattina faceva freddo, Ettore posò le mani nude sul collo del cavallo dopo aver fermato la sua galoppata con un secco colpo delle redini. La superficie del lago increspata dal vento rifletteva nuvole rattrappite. Tutto attorno il bosco era un concerto di rumori attutiti e versi striduli di uccelli. Gli ultimi grilli, i più tenaci, alzavano un timido coro di suoni regolari e costanti.
Ettore pensò che se la solitudine avesse avuto una voce sarebbe stata di certo quella. Voleva pensarla in quel modo, almeno ogni tanto. Smontò da cavallo e camminò a grandi passi verso il lago, sfiorò il pelo dell'acqua con la punta di uno stivale, come se fosse un terreno di cui provare la consistenza.
Aveva voglia di annegare. Non era una voglia vera, era più che altro un pensiero di quelli che il vento non avevo potuto portare via e che ora restava ancorato alla sua mente a ricordargli che anche se la strada per l'orizzonte avesse condotto in un posto migliore, lui comunque non aveva mai avuto il coraggio di percorrerla davvero.
Ettore fece qualche passo in avanti, l'acqua gli arrivava fino a metà polpaccio, ne sentiva il freddo attraverso il cuoio degli stivali. Mosse una gamba come a sferrare un calcio, alzò un grosso schizzo  che gli ricadde in parte addosso facendogli venire i brividi. Picchiò anche i pugni contro l'acqua e picchiò ancora e ancora. Immaginò Dio specchiarsi in quel lago, attraverso la coltre di nuvole. Picchiò.
Gridò e restò immobile, tremando e chiedendosi se e quanto sarebbe stato bello essere in grado di piangere.  

"Devil take the hindmost!"

Ok, come previsto c'è la possibilità che uno dei due esami non sia andato bene, il che significa che i miei risparmi evaporeranno in tasse di iscrizione (e tutto a causa di un solo singolo esame… la vita è una cosa meravigliosa ma si poteva fare di meglio), senza contare l'ira funesta di chi mi circonda e tutta un'altra serie di cose a cui ora non voglio pensare…
Sapete che vi dico? Al diavolo!
Al diavolo, perché sono stati mesi tosti. Non era tanto lo studiare in sé, che non è stato né più né meno degli altri semestri, era la pressione che avevo addosso e tutto quello che ne conseguiva. Chi mi è stato vicino in questo periodo sa com'ero nervosa, spenta e cattiva (cattiva più del solito, cioè).
La cosa che urta di più è il periodaccio sia passato invano. Però è stato talmente claustrofobico che stamattina quando mi sono svegliata ho sentito tutto esplodere… tutte quelle piccole grandi cose mie e solo mie rimaste accantonate per dare priorità allo studio e alle cose “del mondo” che restavano da gestire quando dovevo e potevo e, vi giuro, spesso erano più mordaci e pressanti e spietate degli impegni scolastici.
Sono delusa da come siano andate le cose? No. Tutto sommato no.
Se penso alla poca voglia che avevo di affrontare questa cosa e di come alla fine l'ho affrontata meglio di altri momenti “studenteschi” in cui ero più serena, mi sento fiera. Se penso a quanto sono scoraggiata rispetto al futuro, mi sorprendo di aver comunque lottato. So che se non fossi stata così stanca avrei fatto di più, avrei fatto meglio, ma per una volta non voglio prendermela con me stessa per come si sono messe le cose. “… è andata come doveva, come poteva…” ma senza briciole.
È andata.
Adesso metto ordine, spazzo via i cocci, tolgo le barricate. Adesso scrivo e leggo, e sorrido, e ascolto musica, e penso ad altre cose importanti che ho rimandato. E il mondo fuori, TUTTO il mondo fuori, può veramente andarsene al diavolo, la casella dei reclami fuori la mia porta non ha mai avuto il privilegio di essere vuota, una volta in più o una volta in meno non fa davvero alcuna differenza.  

Storie di ordinaria schizofrenia…

Stamane mi sono svegliata con una consapevolezza inquietante: tra due giorni è tutto finito. Finiti gli esami, finito il periodo di stress, finita, sostanzialmente, l'università. Perché, anche ammesso che non superassi uno dei sue esami di domani e dopodomani (e dico uno, perché se non li superassi entrambi mi sentirei abbastanza mentecatta), anche ammesso che nasca un qualche intoppo burocratico di qualche tipo per l'iscrizione alla sessione di laurea di aprile, l'università è comunque finita, nel senso che non ci saranno più mesi di gennaio e luglio con il cumulo di libri sulla scrivania, i quaderni di appunti infilati negli anfratti più improbabili del mio Loculo, orari da far incastrare, ansie, professori da rincorrere per una firma sul libretto manco fossero star hollywoodiane…
Ora, ho già parlato di quanto la fine degli studi sia per me una cosa bellissima e terrificante allo stesso tempo: l'idea è che io faccio la “studentessa” da quando avevo sei anni, da tutta la vita… e non farlo più mi da un certo senso di smarrimento… sono stata una studentessa “decorosa”, mai brillante, ma mai irresponsabile e ho sempre amato le mie scelte in merito al percorso di studi, ma in questo ultimo anno ho davvero avuto la nausea. Quindi, dicevo, contenta e spaventata…
Intanto però finisce la clausura forzata… e la signora del piano di sotto, che ha chiesto a mia madre quand'è che mi ero sposata ed ero andata a vivere altrove (il che forse voleva implicitamente significare: come mai io non ho avuto i confetti?), dal momento che erano tre mesi che non mi vedeva, potrà tornare a godere delle mie inciampate nello zerbino dell'ingresso condominiale (è la Bridget Jones che c'è in me, non fateci caso).
Intanto però ho il Mondo davanti agli occhi… e ultimamente non è esattamente la cosa migliore da guardare, diciamocelo, ma come diceva il mio musO “ognuno ottiene gli appuntamenti che può”.
Intanto scrivo e leggo (non oggi e domani magari, ma in generale sì, alla sera, dopo aver poggiato i libri accanto al termosifone nella speranza che prendano accidentalmente fuoco). E scrivo una di quelle cose “mie e solo mie”, da farsi venire i crampi alle mani e le occhiaie e da rileggere tra sei mesi e riderne. Intanto dopo questo strazio vedrò di attuare il piano “far vedere la luce alla Creatura o almeno provarci”.
Intanto ho una lunga lista di cose DA FARE ASSOLUTAMENTE APPENA FINISCI GLI ESAMI, PENA LA DANNAZIONE ETERNA!
Intanto ho avuto una buona notizia (di quelle senza fregatura): se Luciana non va a Roma, Roma va da Luciana… il più bel regalo di Pasqua che potessi ricevere, la mia sorellina e seguito qui da me per le feste ^^.  
Intanto la piacevolezza di questa sensazione di deriva va un po' a intermittenza, oscilla tra il sorriso ebete e la tachicardia, diciamo. Ma più che senso di deriva è simile al cigolare di un cartello di lavori in corso che pende da una trave su cui c'è un po' polvere da soffiare via…

Intanto, per la serie “consumo ossessivo del tasto REPEAT su un singolo brano (con semiotica applicata, ma di cui non si intende ciarlare)”, QUESTA canzone (oh, sì… dopo mille peripezie ella vide quel musical).

Missione terzo capitolo: conclusa

Curioso come a volte le cose arrivino quando uno meno se lo aspetta.
Ce l'ho! CE L'HO!
Sto parlando del terzo capitolo del terzo racconto, quello cancellato e riscritto almeno sette o otto volte, quello che da mesi aveva bloccato tutto (ok, mi è anche mancato il tempo, ma quel capitolo che non voleva saperne di "farsi scrivere" non è che ha giovato ai lavori).
Il fatto che sia arrivato così per caso, quando nemmeno ci stavo pensando, mi fa sorridere, non sono di quelli a cui le "buone idee" vengono all'improvviso, meno che mai in campo scrittorio. Ieri sera ho aperto il file della Creatura per caso, giusto per ricordarmi che faccia avesse e, senza particolare convinzione, mi sono decisa a fare l'ennesimo tentativo di scrivere un certo dialogo fatidico. Battevo le zampette sulla tastiera abbastanza alla cieca, ma alla fine è venuto fuori, contro ogni previsione. Assai più breve e immediato di quanto avevo immaginato. Assai diverso dai dialoghi soliti tra quei due personaggi. Assai… assai più “normale” e “verosimile”.  
Stavo aspettando la risposta a una domanda che continuavo a pormi da quando buttai giù la scaletta dei capitoli di quel racconto, quasi un anno fa, e non mi ero accorta che quella domanda era sbagliata. Mi chiedevo “e adesso questi due come la risolvono?”, cioè ero davvero convinta che perché la storia andasse avanti andavano chiarite in quel dialogo le questioni che Alex e uno degli altri protagonisti avevano lasciato in sospeso alla fine del secondo racconto… e invece no! E invece ho capito che non è con quel dialogo che la cosa va risolta, che lui (e lui è uno di quei personaggi che mi snobba altamente, mi snobba in quanto autrice della storia, intendo… e nonostante ciò io lo amo alla follia… e soprattutto adoro sentirlo parlare) non ha alcuna intenzione di risolvere quelle faccende. Ieri sera ero lì che guardavo lo schermo scuotendo la testa e dicevo “e certo che non vuole! Perché dovrebbe? Che gliene frega a lui?”. E lei lo odierà per questo, ma non fa niente… anzi meglio così, tanto tanto meglio così!
E adesso mi aspettano una manciata di capitoli veramente veramente noiosi da scrivere prima dell'avvento di un altro mio personaggio (“riciclato” da un mio vecchissimo racconto sui vampiri) che amo quasi quanto quel protagonista della Creatura. Di quel mio vecchio personaggio prima o poi vi racconterò.   
Eh già… forse non dovrei dirlo, ma il terzo racconto rimane tra i quattro attualmente in lista il mio preferito!

E la Creatura è tornata a fare la figlioletta adorata. E tra sei giorni finiscono gli esami. E, Creatura a parte, scribacchio molto ultimamente, in modalità random su fogli sparsi o su qualsiasi cosa che mi capiti a tiro. E leggo pochino. E, nel complesso, il mio status mentis può essere egregiamente riassunto dall'ULTIMA VIGNETTA di quel genio di Eriadan.
Buon finesettimana, blog!

Bacchettonaggini

Tempi duri… non si capisce bene dov'è che stia l'anticonformismo, però c'è tanta gente che sembra sapere esattamente come si fa ad essere bacchettoni. Oggi mi sento molto bacchettona anche io… poi non so se tanta gente certificherebbe la cosa però assecondatemi.
Due cose, nemmeno troppo originali, però ci pensavo mentre si cuoceva la pasta e quei dieci minuti di cottura dei rigatoni mi erano abbastanza difficili da sopportare pensando alla catasta di roba che avevo da fare dopo pranzo.
Due cose, dicevo.
Prima cosa: ho guardato The Vampire Diaries, il telefilm. Avevo bisogno di distrarmi, siate comprensivi.
Ora, non mi metterò a discutere di quanto abbia rotto le scatole la moda dei vampiri teenager figaccioni che si innamorano dell'umana Mary-Sue di turno (e in questo telefilm la protagonista è così marysuesca che fa rimpiangere la demenza pseudo fascinosa di Bella Swann), di come certe storie sappiano tutte di già visto, eccetera… no, alla fin fine sono storie, se uno ha voglia o interesse a farsele raccontare va bene così. Il punto è un altro. Quello che mi ha veramente infastidito è il modo in cui vengono rappresentati i famigerati GGGGIOHVANI e, più in generale, quella che dovrebbe essere la normalità. Già è abbastanza irritante il fatto che, dato che tutto si svolge tra liceali (mortali o immortali che siano), gli attori siano tutti palesemente più grandi dei personaggi che interpretano… ma facciamo finta che lo abbiano fatto perché avere un cast con troppi minorenni diventava ingestibile e sorvoliamo sulla cosa. Ma voglio dire… ma 'sti qui li hanno mai visti dei liceali? Sono mai stati in una scuola? Ora, il mio liceo era sito in una zona un po' particolare e certi elementi e certe situazioni facevano parte del folklore locale, quindi magari la mia esperienza non fa testa, però… in quel telefilm sono tutti bellissimi, carinissimi, evidentemente anche ricchissimi… silenziosissimi e ignorantissimi. Oh, ci fosse una scena in cui un professore fa una domanda e qualcuno di loro sappia rispondere! Ci fosse una volta che uno qualsiasi di loro viene mostrato mentre fa i compiti! Ci fosse una volta che la protagonista non si ritrovi a scappare da qualche tizio malintenzionato (perché ovviamente la trama prevede che tutto il cosmo congiuri contro di lei anche senza un motivo valido) senza tacchi alti e jeans aderentissimi e capelli perfettamente lisci e pettinati! Ci fosse una volta che una delle ragazze si svegli senza già eyeliner e mascara perfetti! Ci fosse una camera in disordine! Ci fosse un po' di sana e normale umanità!
Non sto dicendo niente di nuovo, lo so. Ma sarà che è il nervosismo per gli esami che mi rende più irritabile e, onestamente, capisco che l'intrattenimento, soprattutto quello riservato ai più giovani punti sulla “bellezza” a oltranza, magari ha anche un suo perché… però perché tutto deve sembrare una pubblicità della Barilla?! (poi il discorso si potrebbe ampliare ai danni che riescono a fare i modelli e gli steriotipi irraggiungibili, ma non è questo che volevo dire… no, la bacchettona che è in me non arriva fino a questo punto… voglio solo dire che a volte l'artificiosità di certi modi di rappresentare è talmente ostentate e surreale che io, come spettatrice, mi sento abbastanza presa per i fondelli).
Seconda cosa. Quando ho provato a parlarne con altri esseri umani mi hanno guardato come una marziana, comunque sia… mentre mangiavo la famosa pasta di cui sopra, alla radio è passata la pubblicità del tour dei ragazzini di Io canto, la trasmissione di Gerry Scotti con la gara canora tra marmocchi. Sappiate che sono molto incazzosa ultimamente, quindi non stupitevi se il mio modo di parlare suona un po' sgradevole… ma io quelli a che si esaltano per quelle trasmissioni (miei familiari compresi) allungherei un po' di lassativo nel latte mattutino almeno una volta al mese per una decina di anni, così giusto per dispetto, perché mi infastidisce la sola idea che si trovi bello far fare certe cose a dei bambini… ora, lo so che non è “sfruttamento minorile”, che i marmocchi sono lì per loro scelta (o per ammirevole scelta degli ammirevoli genitori), che ne ricavano un profitto e che non c'è niente di male o di illegale finché mamma e papà firmano la liberatoria… che non sono i bambini soldati del Congo e i ragazzini delle fabbriche asiatiche, insomma. Lo so. Infatti non ne faccio una questione morale o etica… ne faccio una questione di buon senso, e perché no, anche di buon gusto.    
Sì, ok… torno a studiare, che è meglio…

Parola d'ordine: RESISTERE

"Spartans! Lay down your weapons!"
"Persians, COME AND GET THEM!" 

Varie ed eventuali…

Tempi rocamboleschi, Blog. Annego tra la roba da studiare e, anche quando riesco a tirare fuori il naso dal mare di pagine, penso che dopo gli esami avrò ancora più cose da fare, tutte quelle che ho rimandato. Una tra tutte: una visita oculistica, i miei occhietti dalla retina malformata stanno cominciando a fare cilecca sempre più spesso.
Penso che dovrei prendermi qualche ora per riconciliarmi con la Creatura. Confesso che negli ultimi mesi, a forza di rimandare e rimandare, e pensando solo a questi dannati esami, ho abbastanza perso il filo. L'altro giorno ho sfogliato il primo libro, ho smesso di scriverlo da abbastanza tempo e mi è sembrato “estraneo”, forse finalmente sto prendendo le debite distanze da quel malloppo di fogli e mi sembra una cosa buona e giusta. Però penso anche che dovrei tornare a occuparmi di quei racconti, del terzo racconto per la precisione. Ah, già… non posso, non ne ho il tempo. Ho paura che a forza di rimandare ancora, finirò per sentire quella storia talmente distante da non avere voglia di riprenderla in mano. Tra l'altro mi sono accorta di come sia cambiata io e di come sia cambiato il mio modo di scrivere da quando ho scritto i primi due racconti e non so se è un bene… un cambio di "stile" su una cosa scritta in prima persona non è il massimo.
Oh, ma sono in una fase abbastanza pessimistica-indolente-apatica, quasi rinunciataria direi.
Intanto qui c'è un sole che è uno spettacolo e vorrei che le mie giornate succhiassero un po' vita dall'aspetto meteorologico.
Ho voglia di leggere qualcosa di veramente “meritevole”. Leggere è l'unica cosa che riesco a fare nei ritagli di tempo, ma non so su quale libro mettere le mani… ho una mezza idea di rileggere o Madame Bouvary o Il Signore degli Anelli, sono due libri che ho amato tanto e di cui ho rimosso troppe cose. Ma forse sarebbe meglio qualcosa che non ho mai letto, giusto per il gusto della sorpresa e della novità (si accettano suggerimenti e consigli)…    
Uhm, mi sa che qui ci vuole una scossa… una cosa tipo riguardare un qualche film il cui titolo compare nella lista “ossessioni e manie di persecuzione di Luciana”. Il più è beccare l'ossessione giusta e adatta alla situazione.
Ah… stasera io e il Socio tentiamo un esperimento culinario: fagottini di pasta sfoglia alla salsiccia. Sono assai preoccupata del risultato…
Buon week-end Blog.